Celebre in tutto il mondo, la pizza è un piatto tipico della cucina italiana, in particolar modo di quella napoletana. Sono tante, però, le città che si contendono la paternità di questo buonissimo prodotto, tra cui anche Genova. Basti pensare che la parola pizza sta a significare una grandissima quantità di alimenti che variano nome in base alle tradizioni culinarie del luogo a cui appartengono; nel centro Italia, infatti, qualsiasi tipo di pasta cotta in forno, sia dolce che salta, alta o bassa, dura o morbida, viene chiamate pizza.
Inutile dire che la pizza è una delle specialità gastronomiche italiane più apprezzate, conosciute e consumate in tutto il mondo.
Questo alimento delizioso ha alla sua base un impasto estremamente semplice: acqua, lievito e farina di frumento. Per quanto riguarda la forma, diciamo che la pizza tonda (la più famosa di tutte) è tipica della tradizione culinaria di Napoli: l’impasto viene solitamente diviso in singole porzioni a forma di disco e soltanto su ordinazione, viene variamente condito e cotto in un forno a legna. Esiste anche la cosiddetta pizza al taglio, che di solito ha uno spessore maggiore rispetto a quella tonda, viene cotta in grosse teglie in metallo con una forma tonda oppure rettangolare, dopodichè viene esposta per essere acquistata. La pizza alla pala è simile a quella in teglia, con la differenza che viene cotta a diretto contatto col piano del forno rovente, proprio come accade per la tradizionale pizza tonda.
Esiste inoltre il calzone, per il quale è utilizzata una speciale tecnica di cottura che evita che esso rimanga troppo cotto all’esterno e troppo crudo all’interno: nei tradizionali forni alimentati a legna viene posizionato alla “bocca” del forno(al suo ingresso), nei moderni forni provvisti di un piano rotante viene posto al centro di quest’ultimo. Questo consente una cottura uniforme e adeguata anche di tutti gli ingredienti che si trovano all’interno del calzone.
La pizza deriva certamente da prodotti ad essa molto simili e diffusi già nell’antichità, come ad esempio la focaccia alla genovese oppure quella alla barese. Tuttavia la tipica pizza napoletana, così come la intendiamo oggi, viene ideata nel ‘700 (nella versione “marinara”) e poi perfezionata all’inizio dell’800 nell’ancor più conosciuta variante della “margherita”, che ha assunto questa denominazione solo alla fine del secolo in relazione ad una visita della regina Margherita di Savoia, che sembrò gradire particolarmente la pietanza.
I primo locali dedicati alla preparazione ed alla vendita della pizza compaiono a Napoli già dai primi del ‘700 e rimangono fino al novecento una caratteristica tipica di questa città, per poi diffondersi grazie all’emigrazione nel resto dell’Italia e, soprattutto negli anni successivi alla fine della secondo a guerra mondiale, nel resto del mondo.
Storia
Troviamo nominata la ‘pizza’ già in antichissimi documenti in latino volgare, risalenti all’incirca all’anno mille, appartenenti a zone geografiche come Roma, l’Aquila, Gaeta, Penne e Pesaro. Essendo fondamentalmente costituita da pasta di pane, infatti, era plausibile che già nell’antichità fossero presenti gli ingredienti base necessari a fare la pasta, che veniva poi arricchita con diversi tipi di condimento, anche se tra questi sicuramente non c’era il pomodoro, che si diffuse nel nostro continente solo dopo la fine del sedicesimo secolo, importato dalle americhe recentemente scoperte. Ma già verso l’inizio del ‘600 si ha testimonianza di una pizza di pasta soffice, chiamata alla ‘mastunicola’, il cui condimento era composto da strutto, formaggio, foglie di basilico e pepe.
Successivamente andò di moda la pizza ai ‘cecinielli’, condita con frattaglie di pesce. Mentre la prima vera pizza con il pomodoro fu servita nel Regno di Napoli verso la metà del Settecento, e divenne subito molto popolare tra tutte le classi sociali, tra cui anche le più nobili, come i Borbone e i Savoia, tanto che, nel 1889, alla regina Margherita di Savoia fu dedicata dal pizzaiolo Raffaele Esposito la famosa pizza che da quel giorno porterà il suo nome, la pizza margherita, e che rappresentava con i suoi ingredienti, il nuovo tricolore. C’è da dire, però, che la pizza margherita a livello di ingredienti e preparazione era conosciuta e apprezzata già nel 1866, quindi anni prima di venire dedicata alla regina. È una notizia, questa, che viene riportata da Francesco De Bouchard, che ha descritto nei suoi scritti i tre principali tipi di pizza in voga all’epoca, quelli che oggi chiamiamo pizza margherita, pizza marinara e calzone.
« Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di muzzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle, ec. Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone. »
Ma volendo andare ancora indietro nel tempo, e più precisamente al 1830, sfogliando le pagine del libro Napoli, contorni e dintorni, incontriamo la descrizione di una pizza margherita! Non c’è da stupirsi, perché la pasta di pane ‘popolare’ condita con il pomodoro ebbe una diffusione di rapidità impressionante in tutta Italia, dove iniziarono a spuntare punti di consumo specializzati in pizze. Molto probabilmente i primi saranno stati dei semplici forni che servivano pizza che veniva poi consumata per strada; successivamente, con l’aggiunta di posti a sedere, sono nate le prime pizzerie. Un fenomeno, quello delle pizzerie, che rimase però circoscritto all’area di Napoli fino all’inizio del ‘900, e si diffuse nel resto d’Italia insieme alle ondate migratorie verso il nord, prima, e all’estero poi… anche se la vera diffusione della pizza all’estero si registra solo dopo la II guerra mondiale. Ma il suo successo fu straordinario, comunque, anche negli altri paesi, dove fu adattata con più o meno accorgimenti al gusto locale. Si deve ai nostri emigrati, infatti, la diffusione e il successo della pizza nel mondo; sono stati infatti capaci di farla conoscere e soprattutto di insegnarne la tecnica, tanto che oramai anche molti stranieri sono riusciti a diventare provetti pizzaioli ed è stato creato anche un campionato mondiale dove tutti i pizzaioli del mondo possono cimentarsi. Al giorno d’oggi ‘pizza’ significa anche un grande giro d’affari, e tante sono le persone che sono riuscite a creare dei veri e propri imperi, uno tra questi Tom Monaghan, l’americano fondatore di Domino’s pizza.
Tipi
Pizza tonda
Nel caso della pizza cosiddetta tonda, l’impasto viene diviso in monoporzioni per la lievitazione, e viene steso, condito e infornato su ordinazione del cliente, che spesso può assistere alle diverse fasi della preparazione. Cotta direttamente sul piano caldissimo del forno, la pizza tonda è la più conosciuta, apprezzata e mangiata del mondo.
Anche se sono tante, le regioni italiane dove la pizza è considerata un vero e proprio piatto tipico, è senza dubbio la città di Napoli ad aver svolto un ruolo fondamentale nella sua storia; non per niente, in molte parti dell’Italia e del mondo la pizza tonda viene anche chiamata ‘pizza napoletana’, anche se magari la consistenza della pasta o il modo di condirla sono molto diverse dalla tradizione napoletana. In particolar modo all’estero, infatti, spesso al posto della semplice pasta di pane spesso vengono utilizzati impasti decisamente più grassi, e a volte anche dolci invece che salati. Sempre all’estero, la pizza è caratterizzata da condimenti abbondanti, i cui ingredienti variano a seconda delle tradizioni culinarie e dei ‘gusti’ locali in fatto di alimentazione.
Varia anche il modo di stendere l’impasto, che può essere steso con il matterello oppure con l’uso delle sole mani: molto folcloristici a questo riguardo sono infatti i cosiddetti pizzaioli acrobatici, che tirano in aria le porzioni di impasto lievitato più e più volte, con spettacolari evoluzioni aeree.
Pizza al taglio
È un tipo di pizza, chiamata anche pizza in teglia, in cui la pasta, dopo aver lievitato, viene stesa in teglie di metallo, tonde o rettangolari, e poi condita e cotta. Solitamente, dopo essere stata sfornata, viene esposta in vetrina per poter essere scelta dal cliente e venduta al peso, oppure per essere consumata a tranci. Proprio per il fatto che viene tenuta in ‘mostra’ per lunghi periodi, e spesso viene riscaldata prima di essere consumata, questo tipo di impasto ha bisogno di essere molto acquoso, di modo che il risultato finale non si secchi, ma rimanga sempre gustoso, come appena sfornato. Per questo le farine utilizzate sono forti, e grazie a speciali processi di rigenerazione sono in grado di ‘sopportare’ l’aggiunta di grandi percentuali di acqua, che spesso arrivano ad equivalersi con il peso stesso della farina, ad esempio 1 kg di farina e 1 litro di acqua. Il vantaggio economico di questo tipo di lavorazione deriva proprio dal fatto di essere, appunto, vendute al peso. La città che detiene il primato della diffusione della pizza al taglio è Roma.
Pizza alla pala
Come la tipica ‘teglia di pizza’, la pizza alla pala, una delle cui varianti è anche la pizza al metro, è una pizza molto grande che viene venduta a peso. E come nel caso della tradizionale pizza tonda, viene cotta sul piano del forno.
Specialità
Pizza genovese
È una pizza, anch’essa in teglia, realizzata con farina di grano tenero, sale, acqua, lievito di birra e qualche volta anche un goccio di latte. Dopo aver portato a termine la lievitazione, viene stesa a mano direttamente nella teglia e successivamente cotta nel forno a legna. L’impasto è molto simile a quello della focaccia genovese, e come la focaccia è caratterizzata dal fatto di essere alta e soffice.
“Verace” o Pizza napoletana
È una pizza tonda con pasta sottile, morbida ma caratterizzata dai bordi spessi, chiamati anche ‘cornicione’. Questa particolare forma è dovuta allo spostamento di aria che avviene durante la manipolazione dell’impasto, che viene infatti spinta verso l’esterno. L’impasto, che non contiene alcun tipo di grasso, non è molto diverso da quello del pane, e la tradizione vuole che siano solo due, i condimenti ammessi:
alla marinara: con salsa di pomodoro, origano, aglio e olio di oliva;
margherita classica: con salsa di pomodoro, fiordilatte meridionale a listelli o fette di mozzarella di bufala campana, basilico e olio di oliva.
Pizza romana
È una pizza tonda la cui caratteristica principale è di essere decisamente croccante, con una base sottilissima. L’impasto viene reso duro dall’aggiunta di olio di oliva e di semi, e spesso è necessario stenderlo con l’aiuto di un matterello. La sua diffusione è iniziata nel secondo dopoguerra, e la variante condita con pomodoro, mozzarella e acciughe si chiama Napoli, mentre la stessa pizza così condita a Napoli si chiama romana. Effettivamente, a voler guardare i ricettari e i libri di cucina tipica della capitale, pare che le acciughe siano tipiche della tradizione romana; sempre secondo questi libri, bisognerebbe aggiungere anche pecorino, pepe e basilico spezzettato. E se mentre in altre parti d’Italia gli ingredienti aggiuntivi come le cipolle, le patate, le zucchine e i funghi vengono utilizzati sotto forma di conserva, nella pizza romana vengono usati freschi.
Altre
A Napoli andò molto di moda la pizza chiusa, cioè una pizza condita e piegata in due di modo che il condimento fosse contenuto in due strati di pasta: quello che oggi si chiama calzone. Successivamente sono stati creati altri tipi di calzone, realizzati con paste diverse, soprattutto in Puglia. Mentre in Sardegna esiste una pizza morbida, chiamata panada, la cui pasta spessa viene condita con tantissimi tipi di ingredienti, tra cui melanzane, zucchine, funghi, pomodori, agnello e addirittura anguilla, particolarmente gradita. Una volte terminata la cottura, la panada viene condita con un filo d’olio bollente, e poi messa a riposo. Un altro tipo di pizza chiusa è il classico panzarotto, di piccole dimensioni, che può essere fritto o cotto al forno.
La Sicilia è una buona produttrice di diverse ricette di pizza che richiamano la tradizione locale:
lo spincione, una pizza morbida alla cipolla;
il pizzolo, diffuso soprattutto nel siracusano, una pizza tonda farcita
il pidone, diffuso nel messinese, un panzarotto alle verdure,
la focaccia alla messinese, una focaccia in teglia condita con formaggio, acciughe e pomodoro;
la pizza siciliana, diffusa nel catanese, ossia un panzerottino di pasta morbida che viene farcito con formaggio, funghi porcini, acciughe e altri ingredienti, e poi fritto.
Le evoluzioni della pizza sono arrivate anche oltreoceano, ad esempio la pizza all’americana, con pasta molto morbida e riccamente condita; non di rado vengono aggiunti, all’impasto, anche margarina, burro o zucchero.
Ultimamente, le nuove evoluzioni della pizza vanno incontro alla salute: un esempio è la pizza preparata con farine speciali senza glutine, ideali per i celiaci.